I millennials stanno indietro

Ho letto questo articolo dalla rivista The Atlantic in cui viene fatta un’analisi sui millennials che, a quanto pare, starebbero “indietro”.
Senza contare delle differenze sempre più ampie che si vengono a creare all’interno della stessa generazione, esasperate dagli ultimi due anni.

Il punto di partenza

Come punti di riferimento per questa analisi vengono presi:

  • il matrimonio. Ci si sposa più tardi rispetto alla generazione precedente e, molti millennials che non hanno concluso gli studi universitari, decidono di non sposarsi affatto;
  • la gravidanza. Sempre più donne scelgono di diventare genitori tra i 30 e i 40 anni;
  • la ricchezza accumulata. I millennials hanno accumulato meno soldi rispetto alle generazioni precedenti nello stesso periodo di vita e a quanto pare “may well be the first generation in modern life to end up poorer than their parents”. Il divario diventa ancora più ampio quando si prendono in analisi i millennials neri.

I dubbi

Capisco quanto sia importante fare confronti tra generazioni per osservare in che modo i cambiamenti socio-economici influenzino la vita delle persone con il passare del tempo.

Ma mi sembra anche che, soprattutto quando si parla dei millennials, se ne parli sempre nel modo in cui genitori inconsapevoli parlano dei problemi dei propri figli.
Senza dare rilievo all’analisi, si pensa piuttosto soltanto alla critica.

Perché questi dati si tradurrebbero nel nostro stare indietro?
Rispetto ai tempi di chi?
Al percorso rettilineo che ormai (per fortuna) stiamo sfatando sempre di più?

È palese ormai che quel modello non funzioni più, che non ha fatto altro che creare sensi di colpa, insoddisfazione, frustrazione nei giovani che non si sentivano e non si sentono in linea con quel modo di concepire la vita: come se potesse andare sempre tutto liscio.

Le differenze e i nuovi (vecchi) problemi

La generazione dei millennials ha problemi pesantissimi a cui destinare le proprie energie mentali: la minaccia dell’estinzione, ad esempio.

Per non parlare degli ultimi due anni: secondo uno studio pubblicato online sulla rivista Frontiers “Su 1.639 intervistati, equamente distribuiti sul territorio italiano, il 5,1% ha riportato una sintomatologia di disturbo da stress post-traumatico e il 48,2% ha evidenziato un minor benessere psicologico legato alla diffusione del COVID-19. Il minore benessere era significativamente più alto nelle donne, di età inferiore ai 50 anni e con fattori di rischio per la salute. Un minor benessere psicologico è stato rilevato anche in individui che non sapevano se erano infetti, che avevano avuto un’esposizione diretta o erano incerti sulla loro esposizione a COVID-19, o che conoscevano persone infette.
Per quanto riguarda le conseguenze sociali e comportamentali, gli intervistati hanno percepito un peggioramento delle condizioni demograficheeconomiche, sociali e relazionali (vedi tabella 3 dell’articolo). Circa le attività più svolte durante l’emergenza, hanno riferito di un aumento della visione di film, del tempo in cucina, dell’uso dei social media e di una diminuzione dell’attività fisica (vedi tabella 4). Quasi la metà del campione ha anche riportato un impatto psicologico significativo (vedi tabella 5). Rispetto ai dati abituali del questionario PGWBI, considerando il benessere totale e tutte le sottoscale, è stata registrata una media inferiore alla norma, che ha confermato il basso benessere psicologico della popolazione intervistata.”.

Cambiamo la narrazione

Questo “ritardo” è il sintomo che qualcosa sta cambiando, che si dà importanza a cose diverse che in questo momento, per la collettività, sono una priorità.
Conoscere se stessi, capire quale strada lavorativa fa davvero per sé, comprendere in che modo immaginare strade diverse per il nostro futuro, riempito ancora ora di incertezza ed instabilità.

Credo sia importante cominciare a fare una narrazione diversa della nostra generazione: se chi è più “grande” non è in grado di parlare delle proprie responsabilità, di cambiare se stesso e modificare i propri atteggiamenti per supportarci nei cambiamenti che si prospettano all’orizzonte, ancora una volta ci tocca cambiare le cose da solə.

Ci vorrebbe forse una sorta di reparenting collettivo.

Anche tu hai la sensazione che ci venga detto continuamente che stiamo indietro?
Come la vivi?

Fonti:
– https://www.theatlantic.com/ideas/archive/2021/05/millennial-grandparents-unequal-generation/618859
– https://www.nbst.it/996-salute-mentale-e-covid-19-fra-tante-variabili-ansia-e-depressione-restano-purtroppo-due-elementi-certi.html
– https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fpsyt.2021.551924/full#T3


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